Arrivava da lontano
come una cosa piccola
di strada
ripetitiva come le giornate
una finestra su una cantilena
una tristezza antica
mia madre che cantava
tu
dove ancora non c’eri
e un pappagallo dava la fortuna
come l’ignoto di un’intera vita.
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il pianeta
Anatre
C’è poco tempo per fabbricare l’aria
e ieri non ho steso le lenzuola
quindi dormo senza.
Se non avessi disegnato la luna
non verrebbe la sera
però non so se mi raggiungerai.
Comunque se vogliamo passeggiare
dovrò comprare delle scarpe nuove
e tracciare un viottolo sul lago.
Quando dopo ti sogno
mi ricorderai di esistere?
altri mondi d’addio
Mi sono accorto di scriverti le cose
il che per me significa soltanto
non capisci
la fissità del sole
l’alternanza del giorno e della notte
il moto involontario
nella limitazione delle frasi
in cui fingiamo piccole intenzioni
che se leggessi tu rintracceresti
quando invento parole
dove caliamo il nostro tramontare
senza ridere in faccia
alla ripetizione della morte
che si ripeterà senza di noi
e avremo albe
nottate
stelle fonde
avremo vento che trasporta il mare
e nascite di cose costruiranno
altri mondi d’addio
con tuo sollievo
perché non sarò qui a ricostruire
quello che ti ho già detto
nel silenzio
d’ogni parola che sempre tace d’altro.
Mark Strand: Mattino, mezzogiorno e sera
III
Queste sere di rosa e porpora che svaniscono, di caldo anomalo
che carezza la pelle fino a che non dormiamo e sconfiniamo in luoghi
che avevamo sempre sperato fossero fuori dalla nostra portata – gli abissi
dove nulla prospera, dove tutto ciò che accade pare
sia per sempre. Sudiamo, imploriamo ci si rimetta in libertà
in orario nel giorno che viene, e cadiamo nel panico al pensiero
di non arrivarvi mai ed essere costretti ad andare alla deriva dimenticati
su un mare di mezzanotte dove ogni mille anni si avvista una nave o un cigno,
o un nuotatore annegato la cui immaginazione è sopravvissuta al suo destino e nuota
per provare, a nessuno in particolare, quanto sia stata falsa la sua vita.
(tratta da “L’inizio di una sedia”, Donzelli, 1999)
mahler ruckert lieder
Vieni
non ci dobbiamo ancora addormentare
la tua quiete risplende
e l’universo scende nella sera
mentre il mio anno muore
e si prepara
un’altra notte lunga
ed il silenzio
di un’infinita immensa alterità.
un grande sonno
Se si ponesse l’alba
come a trarre
o la notte distesa
una proposta ed una suggestione
se mi venisse una diversa sera
mi colmerei di te
pallidamente
ed invitandoti
ci vestiremmo per la circostanza
e un grande sonno.
Riparazioni (revisited)
L’altro giorno una signora andata, di quelle che non t’aspetti, piccola a fiori diluita all’osso, m’ha portato una sveglia senza ore. Le ho chiesto cosa volesse farne: m’ha risposto di lasciarla dormire. Io l’ho messa in custodia. Dorme da sempre: non si può fare altro del passato.
Colleziono distanze: una fatica enorme.
Prima di riparare, spesso interrogo cose. Esempio di interrogazione: cosa vorresti diventare? Nessuna che confermi la natura dell’essere accertato in cui si trova. Sospetto smanie.
Ho un martello, una sega, un’occasione che tengo con la testa sotto il banco. Quando mi chino ci guardiamo appena: ci frequentiamo poco. A volte ci mostriamo i documenti, tanto per confermare.
Quando mi annoio faccio passeggiate. Se inciampo, riparo piedi e sassi. Se perdo tracce, le ritrovo in bottega, come se sapessero da sole dove andare. Ci spieghiamo per bene: che non accada più. Succede sempre.
Quando suona il telefono riattacco.
Taglio fotografie. Da una ne costruisco molte. È semplicissimo, basta indagare e ritagliare figure intere, strade, paesaggi, sfondi, ruote carretti case facce abiti d’occasione vicoletti cose di cose: cose. Non finiscono mai, tanto che devo proprio darci un taglio. Poi qualcuno protesta: m’hai rotto il mondo! Sì, ma ne ho fatto uno che non t’aspettavi.
Spesso mi tocca prenderli per mano. Significa che in quei ritagli ci sono anch’io. Qualche volta mi viene da pensare: sono un ritaglio. Taglio.
Gli amori me li tengo sotto il letto. Rassicurano, con diluito senso di mancanza.
Certe sere vengono farfalle. Salgono dalla riva. Chiedono ali grandi. Regalo loro l’immaginazione: possono andare ovunque. Quando frusciano, hanno un suono diverso. che rompo per rifare. Un silenzio a schema muto.
Quando le stelle striscio. Sono diversi i cieli, a seconda dell’inclinazione. Dunque, inclino. A furia di inclinare vado curvo: mi riparo di sera.
A volte cade. Restano frammenti.
Travasava da emisferi lontani:
astri, la notte.
Spume traevano soffi
= nebbia saliva apatica la valle
tra facce grigie
scosse da vento instabile e frammenti.
Lei soggiornava pallida
nell’arco addormentato delle braccia.
Occasionale
diluivo la luna
mentre i suoi capelli
formavano una sorgente di pensieri
umidi
come le sfere alte della notte.
Poi sospirava appena: forma d’alba.
Scuotersi.
Fuggiremo cuore mio…?
(c’era silenzio dietro le sue ciglia).
Celarsi
Quando mi lascio andare
m’incateno a qualcosa che non c’è.
(tratto da “Oltre il varco di notte”, La Recherche, e-book, 2016)
Orfeo ed Euridice
Forse è per via delle occhiaie
ma i tuoi piedi non calzano la primavera;
dunque, come potrei distoglierti?
Comunque l’altra sera al caffè
tra tutti quegli eccetera
la confusione si rivestiva di generi versatili
come ad esempio api
_ ma lo sentivi tutto quel ronzio? _
forse soltanto traffico.
Ma che facevi l’altro giorno sul tram
con quella gonna stretta… tentavi di distrarre il tempo?
Con tutto quello smog… chi vuoi che se ne accorga…
Non penserai _ per caso _ di essere l’unico…
guarda che il caso nasce folle
ma poi si trova un senso.
Ah non ne dubito!
Sono nato nei paraggi di un pianeta dove si muore.
Ah, certo! E’ un po’ così dovunque…
angeli a fondo valle
Guardatelo
non si è cibato del mare:
per questo è magro.
E non ha forse perduto l’ombelico?
Forse è per questo che
dovunque si giri
vede cadere il mondo.
E il grigio
dove potrebbe appenderlo?
lettera a nessuno
Ho negato di aver scritto di te
perché non avevo tempo
o più semplicemente non avevo il tempo
perché il tempo non si può avere
come non si possono avere le corolle
che nascono di pomeriggio
perché niente nasce di pomeriggio
né posso avere quello che mi accade
perché è subito accaduto
e quello che accadrà lo scriviamo la sera
quando tutto è successo
e tu non ci sei.