Dunque fratelli
la vita è un’altra cosa
dall’immenso fastidio che schiviamo
sempre affacciati a stento
al bordo del teatro
da cui vi parlo oggi
e non vorrei.
Mi disse Plauto: “buttala in vacca!”
ma non mi sembra cosa originale
visto l’andazzo
quando non offensiva (per le vacche).
Preferisco pertanto
poche divagazioni
per non tediare il pubblico e me stesso
già abbastanza annoiato
da evanescente quotidianeità
politica sociale e di famiglia
per non dire di amanti
e turpitudini sempre ripetute
cose di letto e terme
(in pratica puttane o fanciulli viziati).
Qualche guerra distante ci distrae
come i giochi nel circo
ma l’esito scontato in ogni caso
toglie sale al macello
e francamente
non leggo più giornali né frequento
circoli
case chiuse
od il barbiere
noti luoghi di chiacchiere ed assenze.
Purtroppo la mia vecchia
frequentazione di scranni senatori
obbliga a volte
e carte
mi inondano decise
dove apporre una firma
ma voi sapete queste amenità
e non indulgo a strani narcisismi
odi
verso di me e di voi.
Piuttosto
sembra giusto citare
pochi versi asfissiati
(vista la sede dove ci troviamo)
e inviterò per questo la mia etèra
molto meglio attrezzata a declamare
che non il sottoscritto vecchio gufo
tronfio e sgradito per note ruberie
di Gallia ed Anatolia
per tacere di altro
(risatine intorno
ringraziamenti, inchini da copione).
Non dirà nulla
(cosa che a voi conviene)
e lunghe note d’arpa e di sospiri
faranno eco ai suoi silenzi acuti
nuda
nel corpo
e priva di sentire
(intendo dire anima)
come conviene ad ogni meretrice
e a voi
quando eludete i sensi della colpa.
Non ci conviene altro che osservare
e porcilmente
desiderare amplessi proibiti
cui nessuna consorte accederebbe
pena ripudio o esilio.
Lasciarsi andare dunque
a ciò che preferite
e nullità nel nulla
scansare
orme di vita ed altro
scendere
tutti gli accessi inconsci
porte alterne d’Averno
dove v’aspetto ansioso
(insieme ai genitori)
di lasciarvi al mio posto.
Eccola: Agraule l’in-divina!
Buon appetito e addio.