Si profilava umida
quando mi sono affacciato un giorno
e sembrava dovesse piovere
e l’universo si stringe
all’interno di un mese ancora nuovo
prima che se ne possano contare
le sere con i giorni.
Poi duemila, poi tremila
e gli anni nel giardino con le sedie
i colori, il ferro, il sole
e la sera che ci addormenta e non c’è tutto
ma qualcosa si muove
quando ti siedi e mi domandi “allora?”
accanto al mio stupore.
Non dovrebbe mancarci… – bisbigliavo –
e i tuoi ricordi sparsi lungo il prato
ed i miei senza gambo, fiori a terra,
che poi cerchi gli odori
qualcosa che ti sembra di sapere e non conosci affatto
ma fa presto
che l’immagine, che ti seguivo, l’immagine
come faccio a seguire
tutto quello che ignoro
mentre il vento era secco ed io
dicevo
ma non dovrebbe mancarci – ti dicevo –
un’altra volta
quando viene l’inverno.
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e noi
che siamo stati una lavanda
saremo nuvole alte
e vento
e cielo ricadente nellla pioggia.
Quindi saremo una disposizione
ma non sempre un ricordo.
(immagine di Luciana Riommi)
suggestioni
un sogno da lontano
e quali
desideri scaduti
con questa pioggia
scrivimi
mentre traccio ritratti sopra il vetro
nel mio verso contrario
la passeggiata
(fausto pirandello)
Ci siamo accompagnati un pomeriggio
o forse più a lungo
ma non ho un metro a misurare il tempo
o la vertigine profonda delle gambe
– avevi delle scarpe bellissime –
(anche le caviglie)
le vetrine
le arcate di un ponte
le gocce che mi sembra
componessero il fiume
senza contare tutta quella pioggia
che rimbalzava sopra i nostri ombrelli
fino a quando le stelle.
Questo mi fa pensare
che non doveva essere un pomeriggio
e neppure una mattina.
Siamo usciti di sera?
Ma dove siamo andati, siamo stati
dove
– e adesso mi dovresti rispondere –
ma come faccio a sentirti se non piove
e non vedo le luci
il ponte
il fiume
e come faccio poi a risponderti io
se non sento le gambe
e la vertigine dove mi disperdevo
– infatti non ti dicevo niente neanche allora –
e forse è per questo che non ci parliamo.
ingeborg bachmann
![dsc05325[1]](https://scrivereperimmagini.files.wordpress.com/2014/02/dsc053251.jpg?w=490)
(P. Mondrian)
stelle di marzo
Ancora la semina è lontana. Si vedono
terreni inzuppati di pioggia e stelle di marzo.
Nella formula di pensieri infecondi
si configura l’universo seguendo l’esempio
della luce, che non sfiora la neve.
Sotto la neve ci sarà anche polvere
e, non disfatto, il futuro nutrimento
della polvere. Oh il vento che si leva!
Altri aratri dirompono l’oscurità.
Le giornate tendono a farsi più lunghe.
Nelle lunghe giornate, non richiesti,
veniamo seminati entro quei solchi storti
e diritti, e si eclissano stelle. Nei campi
prosperiamo o ci corrompiamo a caso,
docili alla pioggia, e infine anche alla luce.
Enigma (1967)
pioggia a breve
al massimo parlare
di queste striature della luna
pioggia a breve
dicevano in passato
ma non ho più intenzione
di fare la memoria
né raccontare
queste mie imprecisioni
legate a un’equazione personale
discutibile
ed allo stesso tempo inevitabile
che il mio filtro privato
mi obbliga a letture già inquinate
imperfettibili
ineludibili
segnate
dall’impossibile senza che io sono
e per questo mi astengo
dal propagare ancora le visioni
che segnano il mio tempo soggettivo
e le sere
che struscio tra le mani per capire
se sono ancora vivo o mi nascondo
nel diverso fruire del tuo tempo
dove nessuno parla e il mondo scorre
un universo in apparenza muto
in realtà fragore sovrastante
di cui non parlerò
sperando
che tu possa sentirlo
pensieri involontari
Come di temporale né riparo
che ti bagna la faccia
e s’allaga, s’allarga quando scoppia
senza oblio
che poi sarebbe come una mancanza
che ti presenta il conto
piove d’incontro
e i fazzoletti li ho portati ai morti
l’altra sera al convento dietro casa
(o l’altra casa dietro il convento a sera?)
sarebbe facile
se non piovesse
che mi dimenticassi
di svuotare le stelle e il firmamento
l’alba la sera la città
tempo di calamita che ti tira
la vita
come un abbonamento
al teatro nell’angolo di dove
che mi diverto a scrivere le parti
in forma di silenzio
se tacete
e la pioggia
ha un rumore di fondo
di quelli che si sentono la sera
scrivi o non scrivi: scrive
porta via
e me la bevo dentro una bottiglia
al fondo
senza lasciare traccia
né goccia
altrimenti domani piove ancora
la faccia, il firmamento, la stesura, l’astro, l’aurora, la vescica rotta
la vecchia ghirlandaia, la portiera, i secoli, l’ottundimento
l’aria, la notte, le bugie, la luna
bagna
questa precarietà delle stagioni
e non so come dirtelo.